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Mad Men: Person To Person

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Idealmente qualsiasi serie potrebbe andare avanti in eterno o, almeno, finché l’eroe della storia non muore, e anche in quel caso ci sono svariati trucchi per riportarlo indietro. Questo per dire che — come disse una volta Orson Welles (e come ci ha ricordato Mara la volta scorsa) — se volete il lieto fine (qualsiasi fine in realtà) ciò dipende, ovviamente, da dove interrompete la storia. Oppure, nel caso di Mad Men, con cosa interrompete la storia, per esempio uno spot della Coca Cola.

The Hilltop è probabilmente lo spot più famoso al mondo o, se non altro, lo è per una manciata di generazioni in Occidente. La sua importanza non può essere sottovalutata perché, come accade a Don mentre si trova nella comunità new age tipo Esalen, quello spot è un istante di trascendenza: è l’immagine che abbandona la sua rappresentazione grafica.

Come le sigarette, la Coca Cola è un prodotto senza alcuna funzione e senza alcun beneficio, a meno che non consideriate funzionali o benefici una densa nuvola di catrame e nicotina o una colata di zucchero e anidride carbonica. Non solo sigarette e Coca Cola contengono due delle più nocive e diffuse droghe al mondo — soprattutto lo zucchero — ma le catalizzano e le veicolano in modo esageratamente insalubre. È per questo che entrambe, le paglie e la Coca, hanno bisogno di un’immagine: non solo un’immagine grafica, un logo, uno stile, un marchio, un packaging, ma anche un’immagine pubblica, una vocazione se volete, una missione e, in fondo, un’anima.

Ancora e ancora i clienti della Sterling & Cooper (e delle successive agenzie) non hanno solo bisogno di campagne pubblicitarie ma anche di restyling, make up, chirurgia plastica. A partire dalla campagna per Lucky Strike, Don & Co. agiscono sia da pubblicitari sia da soldati delle pubbliche relazioni, operando contemporaneamente sul piano dell’immagine grafica e dell’immagine pubblica, esattamente come Don ha fatto con quel prodotto invendibile che si chiamava Dick Whitman e, successivamente, con le variazioni che ha indossato.

In questo senso, la domanda “chi è Don Draper?” potrebbe avere una risposta molto semplice: Don Draper è l’immagine pubblica di Dick Whitman, l’appagamento allucinatorio della sua infanzia dickensiana.

Don Draper

Guardando Mad Men dalla prospettiva del finale, potrebbe essere la storia di un uomo diviso tra se stesso e la sua immagine pubblica, tra due finzioni delle quali è difficile dire quale sia la più reale o la più fantasiosa.

Don Draper è una storia nella storia nella storia, un’immagine nell’immagine nell’immagine, è il sogno americano realizzato ma anche evaporato in un’illusione così vivida che potresti viverci dentro, quasi come in uno spot della Coca Cola.

È per questo che il finale di Mad Men è perfetto: la continuità fra Don Draper, un personaggio che consideriamo (quasi) reale, e lo spot della Coca, che abbiamo considerato (quasi) reale, e ancora la possibilità (quasi) reale che la creazione di quello spot possa essere davvero avvenuta così sono un’orgia irreale molto simile a quella nella quale viviamo, dove storie, news, pubblicità, eventi storici (e non) esistono nella continuità, senza soluzione, di una finzione stratificata.

 

Se il sudore della fronte e un po’ di fortuna non ti garantiscono più benessere e autostima come accadeva nel sogno americano, nell’illusione americana una buona immagine pubblica può regalarti molto di più; e più potente è l’immagine, più duraturo sarà il tuo successo. Ciò vale per le sigarette, che sono più dure a morire di chi le consuma e per Don che, nonostante tutto, cioè nonostante la sua immagine sia stata ripetutamente abbattuta, può tornare in scena alla grande, creando (presumibilmente) proprio lo spot Hilltop.

Alla resa dei conti, però, non è così importante che sia stato proprio Don a inventarsi lo spot più famoso al mondo: basta l’allusione, così come nei Soprano era bastata l’allusione alla morte di Tony.

Con il suo misticismo comunitario, lo spot Hilltop redime sia la Coca, cioè — come una volta l’ha chiamata Zizek — una delle pure incarnazioni del plus godimento (più ne bevi, più ne vuoi), sia l’immagine pubblica della pubblicità in generale e, infine, Don Draper, il personaggio di una fiction che parla, fra l’altro, di pubblicità e Coca Cola.

Ci vorranno dieci secoli o una catastrofe per distruggere l’immagine pubblica della Coca creata da quello spot, e solo una catastrofe potrebbe distruggere l’immagine pubblica di Mad Men, una delle più grandi storie mai raccontate.

 

La redenzione di Don, tuttavia, non passa solo attraverso l’illuminazione a Esalen e quel meraviglioso personaggio estroflesso di Leonard. Il processo è un po’ più complesso e si dirama attraverso tre telefonate con Betty, Sally e Peggy, ogni telefonata un colpo decisivo all’immagine che protegge e nasconde e trasfigura la persona.

Sono tre istanti protratti in cui Don non vuole (finalmente) salvare né essere salvato — ci prova giusto un secondo — in cui semplicemente accetta di essere quello che non è più profondamente di quanto non avesse fatto neanche quando ha confessato al mondo la storia della sua infanzia.

Fra le tre, la telefonata con Betty è particolarmente toccante perché Betty sta morendo ma anche, forse soprattutto, perché Betty — come in parte Sally e Peggy — conosce Don meglio di quanto lui non conosca se stesso.

Betty è il personaggio più tragico di Mad Men perché la sua morte non ha nulla di tragico, è una morte per esuberanza di vita degli altri personaggi, in particolare Don.

Betty Draper

E, a proposito degli altri personaggi, Pete vola via con Trudy, Joan fonda il suo business, Peggy finisce con Stan e Roger con Marie Calvet. Ciascuno di questi finali rispecchia la carriera umana, un po’ più travagliata, di Don. Come Don, tutti i personaggi di Mad Men trovano, dove finisce la storia, un po’ di loro stessi. Non era strettamente necessario ma okay. Di fatto — e questo è l’unico peccato veniale di questa fine — nessun personaggio a parte Don e Betty ha un vero finale. La risoluzione delle storie di Peggy, Joan, Roger e Pete è solo un corollario alla conclusione della storia di Don.

 

Come tutti i prodotti nocivi, Dick Whitman/Don Draper è sopravvissuto soltanto grazie alla sua immagine pubblica. Ironicamente, gran parte di quell’immagine era superflua.

Quando la storia si interrompe Don ha appena trovato la persona, l’identità dietro all’immagine e, in un attimo, l’ha già trascesa in un’altra immagine. It’s toasted. Enjoy it!

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